A 16 anni in barca a vela intorno al mondo, con il suo gatto

La storia di Robin Lee Graham, il giovane americano che nel 1965 lasciò tutto per inseguire l'orizzonte e solcò gli oceani per 5 anni

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C’è qualcosa di spaventosamente lucido nella follia di chi parte lasciando indetro la frenesia del mondo. Di chi salpa. Di chi, a sedici anni, guarda i grandi, scuote le spalle, carica un gatto a bordo della sua barca e punta la prua verso l’infinito. Robin Lee Graham, classe 1949, non sognava la patente o il college, ma il mondo intero. Un solco blu, profondo, distensivo e ostile allo stesso tempo. Lo scrutava già da bambino, venendo su a San Pedro, California, in una famiglia per cui la vela era più che uno sport: era un modo di respirare.

Nel 1965 Robin aveva sedici anni, una peluria incerta sul viso e l’idea ben fissata in testa di circumnavigare il globo. Non in jet, non su un transatlantico, ma in solitaria. A bordo di una barca a vela di 24 piedi chiamata "Dove", una Columbia 24 usata, acquistata grazie ai risparmi del padre. Partì da Los Angeles con l’oceano che batteva come un tamburo, con a bordo una bussola, qualche libro, le provviste, e il suo gatto. Partì contro il parere del governo, contro la logica, contro le statistiche e forse anche contro qualche spanna di legittimo timore. A sedici anni si è troppo smargiassi, a volte, per rendersi conto dei pericoli.

Il Pacifico fu il primo giudice. Ineluttabile e splendido. Robin, secco come un filo di rame e testardo come un mulo, imparò in fretta a gestire tempeste, avarie, e pure la noia che morsica, la solitudine che sussurra pensieri strani. Passò per le Hawaii, le Samoa, Tonga. E poi le Fiji. Ah, le Fiji. Se il paradiso esiste, dovrebbe avere le sembianze di un arcipelago verde smeraldo. Ed è lì che, sotto una palma, incontrò lei. Patti Ratterree. Diciannove anni, americana, pelle dorata e occhi da sponda sicura. Robin l’amò subito, in modo chimico, acritico, sincero. La volle accanto per il resto del viaggio, e lei accettò di condividere quel sogno, il salmastro e le albe.

Insieme continuarono a navigare: Nuova Guinea, l’Indonesia, l’Oceano Indiano, il Sudafrica. Si sposarono a Durban, con le onde che sbattevano contro la spiaggia e la barca adagiata in disparte. Non fu una traversata da romanzo rosa. Robin perse più volte l’albero maestro, la Dove fu depredata in un porto africano, rischiarono di affondare vicino a Ceylon. Ma proseguirono. Lentamente, con i muscoli e la fede. Non un sentimento propriamente religioso, ma uno spiffero più elementare: che il mondo si lascia abbracciare da chi ha il coraggio di farlo.

ROBIN E PATTI
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Dopo quasi cinque anni e oltre 33.000 miglia nautiche, il 30 aprile 1970, Robin Lee Graham rientrò a Los Angeles. Ventuno anni, il sale addosso, la barba e un record: il più giovane circumnavigatore solitario (con soste) del mondo. Lo accolsero come un eroe. Ma Robin non si sentì mai tale. Parlava poco e sorrideva appena. Disse solo: “Cercavo me stesso. E l’ho trovato dove meno me l’aspettavo: tra gli alisei, e tra le mani di Patti”.

Il suo viaggio fu raccontato dal National Geographic, che seguì le sue gesta passo passo, pubblicando la storia in una serie di articoli memorabili. Poi divenne un libro: "Dove", scritto a quattro mani con Derek L.T. Gill. E persino un film, prodotto da Gregory Peck nel 1974: "The Dove", che rese Robin icona generazionale senza volerlo, e la sua piccola barca il simbolo di un’epoca che cercava orizzonti privi di lacci.

Finita l’odissea, Robin e Patti si ritirarono in Montana, sulle rive del Flathead Lake. Lì, invece di assemblare barche, costruirono una casa e una famiglia. Niente yacht, niente cene in cravatta, niente copertine. Solo legno, lago, figli. Ogni tanto qualcuno andava a trovarlo, chiedendogli del viaggio. Lui sospirava, accarezzava il nuovo gatto (il suo sarebbe scomparso due anni dopo il viaggio) e raccontava il mare, come si racconta un amore perduto.

A distanza di sessant’anni, la sua impresa resta unica.

Non solo per il coraggio tecnico — che già sarebbe bastato — ma per la purezza dell’atto. Un ragazzo, una barca e un sogno. Senza sponsor, senza social, senza satelliti. Solo tonnellate di distese salate, carte nautiche, cieli punteggiati di stelle. Libertà.

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