"Gli antichi papiri ci portano dall'Egitto verso il futuro"

L'esperta del Museo Egizio Susanne Töpfer ci racconta i segreti di questi documenti millenari

"Gli antichi papiri ci portano dall'Egitto verso il futuro"

Il Museo Egizio di Torino custodisce alcuni dei materiali d'archivio più antichi del mondo: sono conservati nella sua Papiroteca. Una risorsa preziosissima anche se forse la non più evidente del museo. Domani, in occasione della Notte degli Archivi, si terrà l'incontro «Un archivio per il futuro: un viaggio tra la Collezione di Papiri del Museo Egizio».

Sarà una serata dedicata alla scoperta della collezione, con un focus su alcuni esempi di digitalizzazione 3d ad altissima risoluzione. Il pubblico sarà guidato in un racconto (proposto in tre repliche, alle 18.30, 19.30 e 20.30) che permetterà di esplorare da vicino alcuni papiri grazie a tecnologie all'avanguardia, capaci di restituire dettagli poco visibili a occhio nudo. Insomma potrà guardare questi antichi documenti con l'occhio dello scienziato. L'incontro sarà condotto da Federico Taverni, Digital Media Specialist, con la partecipazione di Susanne Töpfer, responsabile della Collezione di Papiri, e Francesca Gaia Maiocchi, restauratrice. I primi iscritti potranno accedere a una visita esclusiva della Papiroteca (ingresso libero, prenotazione obbligatoria via Eventbrite). Ci siamo fatti raccontare in anteprima da Susanne Töpfer cosa vedrà il pubblico e perché la Papiroteca è un unicum culturale.

Dottoressa Töpfer come si è costituita la collezione dei papiri del museo e cosa vedrà il pubblico?

«Noi abbiamo in un certo senso un doppio archivio. Ovviamente abbiamo un archivio di papiri, che mostreremo al pubblico; ma anche gli antichi egizi utilizzavano i papiri proprio per archiviare notizie. Esistono delle raccolte antiche arrivate proprio in forma di archivio. Quindi mostreremo al pubblico come la necessità di archiviare la conoscenza sia antichissima. Senza non c'è civiltà, per certi versi. Quanto alla collezione si è costituita per molti versi, come il resto del Museo, a partire dai materiali raccolti da Bernardino Drovetti e acquisiti nel 1824, poi una seconda parte dei papiri si è aggiunta con gli scavi della prima parte del XX secolo diretti da Ernesto Schiaparelli».

Che tipo di documentazione avete?

«Abbiamo molti testi funerari provenienti da tombe. Infatti durante Archivissima mostreremo alcuni Libri dei morti che sono papiri di alta fattura che dovevano fungere da guida per il defunto nell'aldilà. Ma abbiamo anche papiri provenienti da case di scribi o da templi. Queste ultime due tipologie sono più propriamente vicine all'idea di archivio o di biblioteca antica».

Il papiro può sembrare un supporto fragile ma qui abbiamo documenti vecchi di migliaia di anni...

«Il nemico del papiro è essenzialmente l'umidità. Il clima egiziano per certi versi quindi è perfetto, soprattutto al sud. È da luoghi a sud come l'antica Tebe, oggi Luxor, che arriva la maggior parte dei papiri. Più difficile arrivino dalla zona del delta. Poi le tombe nel loro essere sigillate con un microclima costante sono state come capsule del tempo. Anche Tebtunis è una città che ha fornito moltissimo materiale agli archeologi, proveniente dai templi».

E per conservarli oggi?

«Il clima controllato e la ventilazione tengono bassa l'umidità. Soprattutto è la stabilità del clima che conta».

Non ritrovate però solo papiri integri, spesso vi ritroverete con dei frammenti da assemblare in geroglifico e su argomenti non necessariamente noti... Come procedete?

«Ci sono due strade. La prima è la più classica: bisogna studiare bene la calligrafia, il ductus dello scriba. Conoscere bene i contenuti per compararla con altri contenuti. E poi per riassemblare si ragiona sui colori utilizzati e sul colore dei pezzi di papiro. Poi fondamentale è come sono posizionate le fibre del papiro, come in un puzzle devono corrispondere. Il foglio di papiro è unico».

La strada più moderna?

«Usiamo macrofotografie e utilizziamo modelli 3d per capire esattamente la struttura del papiro e poi ci sono tecniche che si stanno utilizzando da poco che sfruttano degli algoritmi che in automatico ci dicono come ricomporre il papiro».

Può capitare che un papiro venisse utilizzato più volte?

«Sì, ovviamente non parliamo dei papiri delle tombe ma spesso per i papiri di uso privato sul dorso troviamo un tipo di documento e magari sul recto un altro tipo di scrittura, degli appunti o una bozza. Oppure ci sono testi abrasi e riutilizzati. In questo caso ci aiuta moltissimo la tecnica per recuperare i palinsesti, ovvero i testi cancellati. La multispettrale, l'infrarosso e l'ultravioletto possono aiutarci a fare scoperte».

Nella serata di domani cosa farete vedere in specifico?

«Facciamo vedere due frammenti di un testo funerario e ne parliamo facendo vedere lo studio classico filologico e lo studio attraverso il 3d».

In questo caso siamo di fronte a un oggetto artistico. Leggere papiri privati è più difficile?

«Sì, esistono testi prodotti per le sepolture o la lettura nei templi. Sono spesso inseriti in un contesto culturale preciso e scritti in un modo che rende la lettura facile. Lo scriba li ha fatti ad uso pubblico o cerimoniale. Spiccano per bellezza. Poi ci sono testi privati dove bisogna riuscire a decifrare la calligrafia che è, mi passi l'espressione, molto più corsiva.

Noi abbiamo delle lettere databili al 1400 - 1300 a.C. Ad esempio quelle tra due scribi, Butehamon e Djehutymes. Comunicano su un sacco di cose, dai viaggi alla vendita di una mucca, alla politica. Sono queste che ci consentono di entrare nella vita dell'Antico Egitto».

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