
La fumata bianca arriva proprio mentre al Quirinale è riunito il Consiglio superiore di difesa. Ovviamente interrotto per l'occasione, con tanto di televisore che viene rapidamente portato nella stanza che ospita l'incontro tra Sergio Mattarella, Giorgia Meloni e i diversi ministri che fanno parte dell'organismo. Tutti aspettano di sapere chi sia il nuovo Papa e, soprattutto, attendono le sue prime parole dalla Loggia delle Benedizioni, che alla fine i presenti - compreso il vicepremier Antonio Tajani e il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano - seguiranno in una stanza adiacente a quella della riunione, davanti a uno schermo decisamente più grande.
Di Leone XIV colpiscono soprattutto i ripetuti richiami a una «pace disarmata e disarmante» e il reiterato richiamo a Francesco. Due elementi su cui non a caso si soffermano sia Mattarella che Meloni nei loro messaggi al primo Papa americano. «In questo momento storico in cui tanta parte del mondo è sconvolta da conflitti inumani dove sono soprattutto gli innocenti a soffrire le conseguenze di tanta barbarie - dice il capo dello Stato - desidero assicurarle l'impegno della Repubblica italiana a perseguire sempre più solidi rapporti con la Santa Sede per continuare a promuovere una visione del mondo e della convivenza tra i popoli fondata sulla pace, sulla garanzia dei diritti inviolabili e della dignità e la libertà». Perché, aggiunge Mattarella, «quella pace che ha evocato con forza nel suo primo messaggio è la speranza dell'umanità intera». Un concetto su cui insiste anche Meloni, che al nuovo Pontefice invia una lettera che firma «con affetto filiale». «La nostra casa - scrive la premier - si fonda sulla sintesi straordinaria tra fede e ragione, una sintesi che ha permesso alla civiltà italiana ed europea di concepire un mondo nel quale la persona è centrale, la vita è sacra, gli uomini sono liberi e di eguale dignità». Un civiltà, aggiunge, che «rispetta le identità altrui senza però rinnegare la propria, e che costruisce pace laddove altri seminano morte e distruzione». «Una pace - sottolinea - di cui il mondo ha disperato bisogno e che lei ha invocato più volte, richiamando l'incessante e instancabile azione portata avanti dal compianto Papa Francesco».
Anche i due vicepremier insistono sull'appello alla pace. «Ringraziamo Dio per aver dato un nuovo vescovo a Roma e una nuova guida alla Chiesa, pregherò per lui», dice Tajani. Mentre Matteo Salvini segue le prime parole di Leone XIV da piazza San Pietro e augura «buona missione» al Pontefice, sottolineando il suo appello a una «pace disarmata e disarmante».
Insomma, un Papa agostiniano e bergogliano, che si presenta al mondo nel solco del suo predecessore. Non è un caso che molti lo definiscano «il meno americano dei cardinali americani». E le congratulazioni piuttosto neutre di Donald Trump lasciano supporre che i due non siano poi troppo in sintonia. Ci sarà da capire, nei mesi a venire, come e quanto questo potrà incidere sugli equilibri geopolitici globali.
Perché l'appello alla pace - con gli scenari di crisi aperti per il mondo - è un messaggio sì cristiano, ma anche politico. Con la possibilità di incidere e relazionarsi con l'amministrazione americana con un piglio e un peso diverso, proprio per l'eccezionalità di essere il primo Papa della storia degli Stati Uniti.
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